I vincitori dell’edizione 2011 di Shingle22j sono stati decretati sabato 28 maggio al Forte Sangallo di Nettuno. Durante la cerimonia la giuria, composta da Chiara Ciappelloni e Leonardo Carrano, ha spiegato i motivi della scelta delle opere vincitrici.
Life a flower di Aurora Meccanica (Milano)
la video-installazione di Aurora Meccanica ha risposto agli obiettivi estetico – artistici che la Biennale si prefiggeva, risultando immediata, comunicativa, al passo coi linguaggi della contemporaneità, piena di fantasia e di spirito poetico. Forti anche gli spunti di riflessione: l’opera induce a ripensare sul rapporto attuale tra uomo e tecnologia, natura e progresso, velocità e umani sentimenti. Il tutto coinvolgendo lo spettatore attraverso l’arte del gioco (quello del video-interattivo), inteso come elemento utile a formare l’uomo aprendolo al dialogo.
Lago di Vico di Mario Onofri (Viterbo)
l’opera di Mario Onofri è composta da sei immagini fotografiche realizzate con la tecnica della stampa diretta da diapositiva. Il lavoro, che risale al 1993, ritrae il lago vulcanico di Vico nella Tuscia, in tempi non sospetti, quando era meta di grande turismo grazie alla sue bellezze naturali. Oggi queste immagini sono un documento di grande attualità, visto che a causa dell’inquinamento sulle rive del lago è stato apposto il divieto di balneazione. L’immagine fotografica è stata letta dalla commissione in senso astratto, valutando da uno scatto all’altro il gioco delle forme che nel paesaggio assumono terra e nuvole, cielo e acqua. La bellezza dell’opera interrompe quel respiro arcaico che trasmette e la sua qualità estetica tende a superare la testimonianza che alimenta il ricordo. Elementi particolarmente apprezzati sono stati l’altissima qualità fotografica, l’assenza di ritocchi artificiali e infine il supporto scelto per l’esposizione.
Rhythm No. 7 di Wei Linyuan (Cina)
il cui titolo ricorda quelli dei film dei primi sperimentatori dell’immagine cinetica, i primi tentativi di sinestesia. Con questo lavoro l’artista ha dimostrato di possedere una spiccata proprietà di sintesi e una grande forza nel comunicare l’idea di come lo spazio subisca i cambiamenti imposti della velocità dell’avanzamento tecnologico.
Sugar dead di Elisabetta di Sopra (Venezia)
nel quale si sono riscontrate delle analogie con il film di Peter Greenway Lo zoo di Venere, dove il regista ripercorre schematicamente le otto tappe dell’evoluzione naturale di Darwin, attraverso il disfacimento e la putrefazione degli esseri viventi, a partire da una mela, per proseguire lungo l’asse evolutivo fino all’uomo. A emergere in Greenway come nel video della Di Sopra, è la metafora sulla necessità della morte per il proseguo della vita. In Sugar Dead, infatti, lo spettatore assiste al deterioramento di un corpo di zucchero esposto agli agenti atmosferici che, alla fine di questo processo, viene riassorbito dalla madre terra.